A partire dalla dichiarazione di emergenza epidemiologica, si è assistito all’entrata in vigore di numerose leggi, ordinanze e decreti di non sempre facile interpretazione.

In questa situazione, un importante ruolo è svolto anche dalla Commissione Società del Consiglio Notarile di Milano, che fornisce linee guida relativamente alle norme di più difficile interpretazione in ambito societario, suggerendo mediante le proprie “massime” indirizzate in primis ai notai, ma evidentemente anche, in generale, alle imprese e agli operatori economici un’interpretazione sistematica delle nuove norme di legge.

Nel contesto di tale attività, il 12 giugno 2020 la Commissione Società ha approvato tre nuove massime con l’obiettivo di fornire la soluzione ad alcune questioni interpretative connesse al delicato periodo attuale di ripresa economica.

La prima massima approvata dalla Commissione riguarda il tema della riduzione obbligatoria del capitale a copertura di perdite.

L’art. 6 del Decreto Legge 8 aprile 2020, n. 23, infatti, ha sospeso dal 9 aprile 2020 al 31 dicembre 2020 l’applicazione di una serie di disposizioni del libro V del Codice Civile. In particolare, sono disapplicate le norme che prevedono, in capo alle società che abbiano subito una diminuzione del capitale di oltre un terzo in conseguenza di perdite, l’obbligo di riduzione del capitale; parimenti, sono disapplicate le disposizioni che individuano come causa di scioglimento della società la riduzione del capitale sociale al di sotto del limite consentito.

La massima della Commissione Società chiarisce, innanzitutto, che restano fermi gli obblighi di convocazione dell’assemblea per l’adozione degli opportuni provvedimenti; ciò vale sia nel caso in cui, per effetto delle perdite, il patrimonio netto sia superiore al capitale minimo consentito, sia nel caso in cui sia inferiore.

Ancora più importante è l’ulteriore precisazione, sottolineata anche dal coordinatore della Commissione Società Mario Notari, per cui la disapplicazione delle suddette norme opera a prescindere dal momento e dal motivo per il quale si sono verificate le perdite pregresse. Difatti, secondo una prima interpretazione, l’art. 6 del Decreto Legge 23/2020 avrebbe trovato applicazione solo nel caso in cui le perdite fossero conseguenza della pandemia.  Secondo il Consiglio Notarile di Milano, invece, la sospensione dell’obbligo di ricapitalizzazione si estende a tutte le aziende che presentano il loro bilancio entro il 2020 indipendentemente dalla causa che ha generato le perdite registrate, dal momento che sarebbe complesso, se non impossibile, verificare quali perdite siano da attribuire alla diffusione della pandemia e quali, invece, siano da attribuire ad altri fattori.

La seconda e la terza massima riguardano tipologie specifiche di clausole statutarie, che vale la pena esaminare in modo parallelo in quanto perseguono un obiettivo comune. Si tratta rispettivamente delle clausole che pongono un “limite massimo” al diritto agli utili e delle clausole che configurano delle azioni o quote “auto-estinguibili”.

Partendo dalla prima tipologia, com’è noto la distribuzione degli utili tra i soci avviene in proporzione al numero delle azioni possedute oppure, diversamente, in base agli accordi contrattuali. In relazione a quest’ultima ipotesi, secondo la Commissione Società, sono legittime le clausole statutarie di S.p.A. e S.r.l. che dispongono limiti massimi al diritto agli utili. Tali limiti possono essere espressi in misura assoluta, in misura relativa, assumendo quindi come parametro un dato variabile, oppure gli stessi limiti possono essere previsti con riguardo all’elemento temporale, prevedendo ad esempio che gli utili di una categoria di azioni o di quote spettino a decorrere da una determinata data.

Quanto alla seconda tipologia, ossia le clausole che configurano delle azioni “auto-estinguibili”, secondo la Commissione Società, sono legittime le clausole statutarie di società di capitali che prevedono l’automatica estinzione di azioni o quote al decorrere di un termine oppure al verificarsi di una condizione non meramente potestativa, anche senza alcun diritto di liquidazione a favore del titolare delle azioni o quote. Tra le condizioni è possibile prevedere che l’azione o la quota si estingua al raggiungimento di un ammontare complessivo di utili liquidati al sottoscrittore entro un determinato termine o a decorrere da una determinata data.

L’interpretazione fornita dalla Commissione ha l’evidente obiettivo di favorire investimenti di supporto finanziario alle imprese in difficoltà, in modo particolare all’interno di una filiera produttiva. A spiegare in concreto il meccanismo a cui le due massime fanno riferimento è il coordinatore Mario Notari, secondo il quale se una grande impresa, capofila di una filiera, ha intenzione di salvare un’azienda fornitrice che si trova a corto di liquidità, la stessa potrà rilevare quote societarie ma con un limite al diritto agli utili e/o sottoposte ad una previsione di “auto-estinzione”. Al raggiungimento del limite prestabilito, al decorrere del termine o al verificarsi della condizione, l’azione potrà sopravvivere senza ulteriore partecipazione agli utili oppure “auto-estinguersi” senza alcun diritto di liquidazione a favore del titolare.

Così operando, alle imprese in difficoltà sarà garantita la disponibilità di nuova liquidità senza che intervenga alcuna modifica permanente negli assetti proprietari, assicurando comunque un adeguato ritorno dell’investimento in favore del sottoscrittore.

Nell’illustrare le suddette tipologie di clausole, il Consiglio Notarile sottolinea, tuttavia, due questioni rilevanti.

In primo luogo, quanto alle clausole che stabiliscono un “tetto massimo” al diritto agli utili, occorre evitare che le stesse configurino azioni o quote del tutto prive del diritto agli utili per l’intera durata residua della società. In tal modo, infatti, si incorrerebbe in una violazione dell’art. 2265 c.c. che sancisce la nullità del patto leonino. Pertanto, in tale prospettiva, il Consiglio Notarile specifica che le suddette clausole potranno considerarsi legittime solo laddove ai titolari di tali azioni siano attribuiti in luogo degli utili ulteriori diritti patrimoniali (ad esempio, il diritto alla distribuzione di riserve o alla distribuzione del residuo attivo di liquidazione).

In secondo luogo, la Commissione Società fornisce importanti indicazioni circa le conseguenze legate all’estinzione delle azioni e delle quote c.d. “auto-estinguibili”. La massima menziona tre ipotesi differenti. Nel caso di azioni senza indicazioni del valore nominale o di quote di s.r.l., prive del diritto alla liquidazione a favore del loro titolare, l’estinzione delle azioni o quote avviene automaticamente e non comporta una modifica dell’ammontare del capitale sociale. Nel caso di azioni con indicazione del valore nominale, invece, la loro estinzione comporta la riduzione del capitale sociale oppure, in alternativa, l’incremento proporzionale del valore nominale di tutte le altre azioni. Infine, se l’estinzione delle azioni o delle quote dà luogo al diritto alla liquidazione a favore dei titolari, l’esecuzione della liquidazione è subordinata al rispetto delle norme che disciplinano le distribuzioni ai soci, in dipendenza della natura e della composizione delle voci del patrimonio netto della società.

Com’è agevole constatare, gli orientamenti illustrati dal Consiglio Notarile contengono preziose indicazioni per gli operatori economici che possono concretamente facilitare la ripresa da parte di numerose imprese colpite duramente dalla crisi.