Sul Bollettino Ufficiale regionale n. 14 del 4 aprile 2020 è stata pubblicata l’Ordinanza regionale n. 521/2020, con la quale il Presidente della Regione Lombardia ha introdotto alcune (nuove) misure per contrastare la diffusione del contagio da COVID-19, efficaci dal 5 al 13 aprile 2020.

L’ordinanza in questione, che sostituisce le precedenti n. 514/2020, n. 515/2020 e 517/2020 che hanno cessato la propria efficacia il 5 aprile 2020, trova la propria base giuridica nell’art. 32 della L. n. 833/1978 e nell’art. 3 del D.L. 19/2020 (in attesa di conversione).

Quest’ultimo, in particolare, che sostituendo il D.L. 6/2020 ha riscritto l’impianto della “decretazione d’urgenza” per il contenimento dell’emergenza sanitaria, prevede che le Regioni possano adottare propri provvedimento ex art. 32 L. 833/1978, giustificati da specifiche  situazioni  sopravvenute  di  aggravamento  del rischio sanitario verificatesi nel proprio territorio, dettando disposizioni ulteriormente restrittive rispetto a quelle adottate a livello nazionale (ossia con i DPCM del Governo oppure le ordinanze ministeriali e della Protezione Civile), purché in materie di propria competenza e senza incidere le attività produttive e quelle di rilevanza strategica per l’economia nazionale.

I provvedimenti regionale così adottati, precisa l’art. 3, hanno efficacia limitata nel tempo sino all’intervento dell’Autorità nazionale.

Si ricorda che a livello nazionale sono tuttora vigenti le misure di contenimento previste dai DPCM dell’8, 9, 11 e 22 marzo 2020 la cui efficacia è stata prorogata dal DPCM delll’1.04.2020 sino al 13 aprile 2020, così come le misure previste dalle ordinanze adottate dal Ministero della Salute il 20 marzo e il 28 marzo 2020, la cui efficacia è anch’essa prorogata sino al 13 aprile.

Per espressa previsione dell’0rdinanza regionale, anche le misure dalla stessa previste sono destinate a durare sino al 13 aprile 2020 salvo che, a norma dell’art. 3 del D.L. 19/2020, l’Autorità nazionale intervenga prima di tale data, circostanza che, nei fatti,

pare piuttosto difficile se si considera l’esatta coincidenza temporale dell’efficacia delle disposizioni regionali e nazionali.

L’ordinanza n. 521 interviene, tra l’altro, in materia di attività commerciali (par. 1.2) e produttive (par. 1.4), prevedendo alcune disposizioni che derogano a quelle previste dai DPCM dell’11 e del 22 marzo 2020.

L’art. 1, comma 1 paragrafo 1.2 (Commercio al dettaglio) alla lett. A) dispone anzitutto che in aggiunta alle attività di vendita di prodotti alimentari e di prima necessità di cui all’allegato 1 al DPCM 11.03.2020 è consentito:

  1. il commercio al dettaglio di articoli di cartoleria e forniture per ufficio, ma esclusivamente all’interno degli esercizi commerciali di cui all’allegato 1 del DPCM dell’11 marzo;
  2.  il commercio al dettaglio di fiori e piante, esclusivamente con la modalità della consegna a domicilio, in relazione a quanto previsto dall’art. 1, comma 1 lett. f) del DPCM 22.03.2020.

La misura così prevista, quanto meno quella di cui al punto i) di cui sopra, pare essere ampliativa e non più restrittiva di quelle recate dal DPCM 11 marzo 2020.

La questione è strettamente correlata all’esatta interpretazione dell’art. 1 comma 1 n. 1) del DPCM stesso e del relativo Allegato, poiché la disposizione testualmente recita che “Sono sospese le  attività commerciali  al  dettaglio,  fatta eccezione per le attività di vendita di generi alimentari e di prima necessità individuate  nell’allegato  1,  sia   nell’ambito   degli esercizi commerciali di  vicinato,  sia  nell’ambito  della  media  e grande  distribuzione,  anche  ricompresi  nei  centri   commerciali, purché sia consentito l’accesso alle sole predette  attività.”. L’allegato 1 individua le attività non sospese utilizzando la nomenclatura ed i codici ATECO che, per la finalità fiscale e statistica loro propria, non individuano tanto delle merceologie quanto delle tipologie di attività, basandosi a volte sulle merceologie (per rimanere nell’Allegato 1, si pensi al codice 47.4 –  Commercio al dettaglio  apparecchiature  informatiche  e  per  le telecomunicazioni (ICT)  in  esercizi  specializzati), a volte sulle dimensioni o la prevalenza merceologica (si pensi agli Ipermercati e ai Supermercati), altre volte sulle modalità di svolgimento dell’attività (ad esempio, commercio effettuato via internet o per corrispondenza).

L’interpretazione letterale della disposizione parrebbe consentire alle attività individuate dall’Allegato 1 la vendita di tutti i prodotti normalmente trattati, siano essi alimentari o non alimentari. Sul punto, però, la Presidenza del Consiglio dei Ministri è

intervenuta con una FAQ pubblicata sul proprio sito istituzionale precisando che le attività non sospese di cui all’Allegato possono porre in vendita esclusivamente beni alimentari, agricoli e di prima necessità (di cui, a questo punto, non esisterebbe una elencazione precisa, ma che andrebbe ricavata dall’interpretazione dell’Allegato stesso), eventualmente organizzando il punto vendita in modo tale da inibire la vendita di prodotti diversi da questi (1).

La norma prevista dall’ordinanza regionale 521/2020 invece consente, seppur solamente presso gli esercizi non sospesi di cui all’Allegato 1 al DPCM, di porre in vendita anche prodotti di cartoleria e forniture per uffici che, seguendo l’interpretazione del Governo, non rientrerebbero tra quelli di prima necessità. Tale disposizione quindi non risulta maggiormente restrittiva rispetto alle previsioni nazionali, con il conseguente dubbio circa la sua legittimità alla luce del disposto dell’art. 3 del D.L. 19/2020.

Con riferimento alla misura regionale che limita la vendita di fiori e piante, ammettendola solo con consegna al domicilio, tale previsione risulta invece più restrittiva rispetto alla disciplina nazionale che, secondo quanto precisato dalla Presidenza del Consiglio con le proprie FAQ, l’ammette anche presso gli esercizi di vendita (2).

La lett. B) del paragrafo 1.2 dell’ordinanza regionale dispone il divieto di vendita di qualsiasi prodotto mediante distributori automatici, fatti salvi i distributori automatici di acqua potabile (c.d. Case dell’acqua) e quelli di latte sfuso. La norma in questione introduce una misura sicuramente più restrittiva rispetto a quanto previsto sul punto dal DPCM dell’11.03.2020 che all’Allegato 1 consente la prosecuzione del commercio mediante distributori automatici.

La lett. C) del paragrafo 1.2 introduce una limitazione circa le giornate di esercizio dell’attività di vendita; essa dispone infatti che nei giorni festivi e prefestivi è vietata la vendita dei prodotti rientranti nelle seguenti categorie merceologiche:

•  computer, periferiche, attrezzature per le telecomunicazioni, elettronica di consumo audio e video, elettrodomestici in esercizi non specializzati;

•  apparecchiature informatiche e per le telecomunicazioni (ICT) in esercizi specializzati;

•  articoli per l’illuminazione;

•  ferramenta, vernici, vetro piano e materiale elettrico e termoidraulico;

•  ottica e fotografia.

L’obbligo della chiusura nei giorni festivi e prefestivi è stabilito dall’art. 1, comma 1 lett. r) del DPCM 8.03.2020 con riferimento alle medie e grandi strutture di vendita e per gli esercizi inseriti nei centri commerciali (escluse farmacie, parafarmacie e negozi di prodotti alimentari), obbligo la cui vigenza è stata confermata anche dopo l’entrata in vigore del DPCM 11.03.2020 dalla circolare del Ministero dell’Interno prot. n.  15350 del 14 marzo. La disposizione regionale in commento ne estende l’applicazione a tutte le tipologie di esercizi che pongano in vendita i prodotti rientranti tra quelli sopra indicati.

Le lettere D), E) e F) del paragrafo 1.2 dell’ordinanza introducono alcuni obblighi per gli esercenti l’attività di vendita, quali l’obbligo di mettere a disposizione dei clienti guanti monouso e detergenti per le mani prima dell’accesso al negozio, la previsione che l’accesso ai punti di vendita è consentito a un solo componente per ogni nucleo familiare, la raccomandazione agli esercenti degli ipermercati, supermercati, discount di alimentari e farmacie di rilevare mediante idonee strumentazioni la temperatura corporea dei clienti, oltre che del personale, prima del loro accesso.

La lettera G) del par. 1.2 dispone che “.. la consegna a domicilio dei prodotti è consentita agli operatori commerciali (ivi compresi quelli del commercio su area pubblica), limitatamente alle categorie merceologiche previste dal D.P.C.M. dell’11 marzo 2020, come integrate dal precedente punto a).”.

La disposizione quindi limita ulteriormente l’attività di vendita al dettaglio nella fase, per così dire, esecutiva, vietando la consegna al domicilio dei prodotti acquistati se non con riferimento alle “categorie merceologiche” previste dall’Allegato 1 del DPCM dell’11 marzo. A riguardo si è già detto sopra come l’Allegato non individui compiutamente delle categorie merceologiche bensì più propriamente delle attività commerciali di vendita. La disciplina nazionale, come interpretata dalla Presidenza del Consiglio, prevede che le merci diverse dai prodotti alimentari e dai beni di prima necessità – la cui elencazione, come detto, deve ricavarsi dalle tipologie di attività di cui al medesimo Allegato – possono ancora essere vendute con consegna al domicilio (3), considerato anche che l’Allegato 1 consente la prosecuzione dell’attività di vendita di qualsiasi prodotto mediante internet, televisione e gli altri mezzi di comunicazione (4).

La disposizione regionale in commento, di fatto, limita la vendita di prodotti diversi da quelli alimentari e di prima necessità, poiché seppur acquistati mediante internet, per esempio, non potranno essere consegnati al domicilio dell’acquirente, almeno sino al 14 aprile 2020. E’ il caso, ad esempio, dei prodotti di abbigliamento o dei prodotti editoriali (diversi dai giornali, riviste e periodici) che non figurano nell’Allegato 1 al DPCM 11.03.2020 e che, seguendo l’interpretazione governativa, non dovrebbero considerarsi beni di “prima necessità”.

Infine la lettera H) del par. 1.2 dispone la sospensione di tutti i mercati coperti, i mercati scoperti e le fiere, sia per il settore merceologico alimentare che non alimentare, disposizione sicuramente più restrittiva di quella di cui all’art. 1, comma 1 n. 1) del DPCM dell’11 marzo che consentiva la prosecuzione delle attività di vendita alimentari all’interno dei mercati.

Il paragrafo 1.4 (altre attività economiche) introduce alcune misure riferite alle attività produttive e professionali.

Un primo dubbio che sorge in merito a tali disposizioni è quello della legittimazione regionale ad intervenire; infatti, l’art. 3 del D.L. 19/2020 è chiaro nel limitare la possibilità di adottare le ordinanze nelle materie per le quali le Regioni hanno competenza (e sicuramente vi rientra la materia delle attività commerciali, per la quale le Regioni hanno competenza residuale esclusiva ex art. 117, comma 4 Cost.) e nell’escludere le attività produttive.

Ciò detto, in espressa deroga alla disciplina di cui al DPCM 22.03.2020, è disposto che le attività professionali, scientifiche e tecniche di cui ai codici ATECO 69 (Attività legali e contabili), 70 (Attività di direzione aziendali e di consulenza gestionale), 71 (Attività degli studi di architettura e d’ingegneria; collaudi ed analisi tecniche), 72 (Ricerca scientifica e sviluppo) e 74 (Altre attività professionali, scientifiche e tecniche) previste dall’allegato al DPCM stesso (come modificato dal Decreto del Ministero dello Sviluppo Economico del 25.03.2020), devono essere svolte in modalità di lavoro agile, fatti salvi gli specifici adempimenti relativi ai servizi indifferibili ed urgenti o sottoposti a termini di scadenza. Inoltre qualora l’esercizio dei predetti servizi indifferibili ed urgenti o sottoposti a termini di scadenza comporti il contatto diretto con i clienti presso gli studi professionali, essi devono avvenire esclusivamente previo appuntamento.

Ulteriore deroga, in senso restrittivo, al DPCM del 22 marzo è quella prevista con riferimento alle attività di cui ai codici 95.11.00 (Riparazione e manutenzione di computer e periferiche), 95.12.01 (Riparazione e manutenzione di telefoni fissi, cordless e cellulari), 95.12.09 (Riparazione e manutenzione di altre apparecchiature

per le comunicazioni) 95.22.01 (Riparazione di elettrodomestici e di articoli per la casa) che devono essere sospese ad eccezione degli:

• interventi strumentali   all’erogazione dei servizi di pubblica utilità, nonché dei servizi essenziali di cui alla legge 12 giugno 1990, n. 146;

• interventi necessari per la garanzia della continuità delle attività consentite;

• interventi urgenti per    le abitazioni.

Anche le attività alberghiere (codice 55.1) sono state sospese per effetto dell’ordinanza n. 521/2020, salvo che per i servizi di supporto alla gestione dell’emergenza e per specifiche categorie di utenti, così derogando al disposto del DPCM 22.03.2020 che invece ne consentiva la prosecuzione.

Con riferimento alle attività bancarie, finanziare e assicurative (codici da 64 a 66) l’ordinanza prevede che debbano essere svolte utilizzando modalità di lavoro che favoriscano la prenotazione con appuntamenti.

Tralasciando le ulteriori misure in materia di circolazione delle persone e quelle relative ai servizi delle pubbliche amministrazioni, l’ordinanza prevede infine che la violazione delle  disposizioni dalla stessa previste è sanzionata a norma dell’art. 4 del D.L. 19/2020, ovvero con la sanzione amministrativa del pagamento di una somma da € 400,00 a € 3.000,00 (oltre che con la sanzione accessoria, in caso di attività commerciali e produttive/professionali, della chiusura da 5 a 30 giorni), salvo che il fatto costituisca reato.


(1) La FAQ pubblicata infatti prevede che “Le attività commerciali che vendono generi alimentari o beni di prima necessità e che quindi rimangono aperte, possono consentire ai clienti l’acquisto anche di beni diversi come, ad esempio, abbigliamento, calzature, articoli sportivi, articoli di cancelleria, giocattoli, etc.?  No. Non è consentita la vendita di prodotti diversi rispetto a quelli agricoli, alimentari o di prima necessità, elencati nelle categorie merceologiche espressamente indicate di cui all’allegato 1 al Dpcm 11 marzo 2020, per come comunque integrato dall’art. 1, comma 1, lettera f), del Dpcm del 22 marzo 2020. Pertanto, il responsabile di ogni attività commerciale, comunque denominata (ipermercato, supermercato, discount, minimercato, altri esercizi non specializzati di alimentari vari), può esercitare esclusivamente l’attività di vendita dei predetti generi merceologici ed è, comunque, tenuto a organizzare gli spazi in modo da precludere ai clienti l’accesso a scaffali o corsie in cui siano esposti beni diversi dai predetti. Nel caso in cui ciò non sia possibile, devono essere rimossi dagli scaffali i prodotti la cui vendita non è consentita. Tale regola vale per ogni esercizio e per qualunque giorno di apertura, feriale, prefestivo o festivo.

(2) La FAQ pubblicata infatti prevede che “Il nuovo Dpcm del 22 marzo prevede che sia sempre consentita l’attività di produzione, trasporto, commercializzazione e consegna, tra l’altro, di prodotti agricoli e alimentari. La vendita di semi, piante e fiori ornamentali, piante in vaso, fertilizzanti, ammendanti e di altri prodotti simili è consentita? Sì, è consentita, in quanto l’art. 1, comma 1, lettera f), del Dpcm del 22 marzo 2020 ammette espressamente l’attività di produzione, trasporto e commercializzazione di “prodotti agricoli”, consentendo quindi la vendita anche al dettaglio di semi, piante e fiori ornamentali, piante in vaso, fertilizzanti etc. Peraltro tale attività rientra fra quelle produttive e commerciali specificamente comprese nell’allegato 1 dello stesso Dpcm “coltivazioni agricole e produzione di prodotti animali”, con codice ATECO “0.1.”, per le quali è ammessa sia la produzione sia la commercializzazione. Deve conseguentemente considerarsi ammessa l’apertura dei punti di vendita di tali prodotti, ma in ogni caso essa dovrà essere organizzata in modo da assicurare il puntuale rispetto delle norme sanitarie in vigore.”.

(3) Le FAQ del Governo riportano che “I negozi e gli altri esercizi di commercio al dettaglio che vendono prodotti diversi da quelli alimentari o di prima necessità e che quindi sono temporaneamente chiusi al pubblico, possono proseguire le vendite effettuando consegne a domicilio? Sì, è consentita la consegna dei prodotti a domicilio, nel rispetto dei requisiti igienico sanitari sia per il confezionamento che per il trasporto, ma con vendita a distanza senza riapertura del locale. Chi organizza le attività di consegna a domicilio – lo stesso esercente o una cd. piattaforma – deve evitare che al momento della consegna ci siano contatti personali a distanza inferiore a un metro (i prodotti di prima necessità sono elencati nell’allegato 1 al Dpcm 11 marzo 2020).

(4) Sempre le FAQ del Governo precisano che “Ho un sito per la vendita di prodotti online. Posso continuare l’attività di vendita? Sì, l’attività di commercio di qualsiasi prodotto effettuata online ovvero mediante altri canali telematici è sempre consentita alla luce della disciplina per gli esercizi commerciali prevista dall’allegato 1 del Dpcm 11 marzo 2020, ancora vigente, nonché dell’inclusione dei codici Ateco dei servizi postali, vettori e corrieri tra quelli eccettuati dalla chiusura dell’attività.”.