Recovery Fund: cos’è e come funziona
Recovery Fund: cos’è e come funziona
“Deal!”. Con questo laconico commento pubblicato sul suo profilo Twitter nella notte di martedì 21 luglio, il Presidente del Consiglio europeo Charles Michel ha confermato l’avvenuto accordo sul pacchetto da 1.800 miliardi di euro volto a stimolare la ripresa economica europea. Di seguito un’analisi delle misure approvate.
Il pacchetto complessivo
Non si tratta di un unico pacchetto di misure, bensì di due pacchetti separati. Il primo è composto dal bilancio pluriennale Ue dal 2021 al 2027, il secondo del Recovery Fund (o, come definito nei documenti ufficiali, “Next Generation EU”) proposto dalla presidente della Commissione Ursula von der Leyen.
Secondo quanto stabilito, il bilancio UE dovrà avere nei sette anni un volume pari a 1.100 miliardi di Euro, da finanziare prevalentemente attraverso i contributi netti degli Stati membri dell’Unione.
Il Recovery Fund invece è pari a 750 miliardi di Euro, ovvero 250 miliardi di Euro in più rispetto alla proposta originaria presentata a metà maggio dalla cancelliera tedesca Angela Merkel e dal presidente francese Emmanuel Macron.
La forma degli aiuti nel Recovery Fund
Dei 750 miliardi di Euro previsti, 390 miliardi verranno erogati sotto forma di sovvenzioni, che non dovranno essere ripagate dai Paesi destinatari, mentre 360 miliardi di Euro verranno distribuiti sotto forma di crediti. Ciò rappresenta uno dei punti chiave negli esiti delle trattative condotte in seno al Consiglio europeo e di cui tanto si è parlato nei giorni scorsi.
Da un lato i cosiddetti Paesi “frugali” – ossia Olanda, Austria, Danimarca e Svezia, a cui durante il Consiglio si è aggiunta la Finlandia – avevano insistito affinché gli aiuti fossero esclusivamente sotto forma di crediti. Dall’altro lato Francia e Germania avevano proposto di prevedere 500 miliardi in forma di sovvenzioni.
Il risultato finale è stata una mediazione che ha cercato di venire incontro a entrambi gli “schieramenti”.
Le risorse del Recovery Fund
Un ulteriore importante esito delle trattative è stata la previsione – per la prima volta nella storia dell’Unione – di una forma di condivisione del debito. La Commissione europea, al fine di reperire le risorse necessarie, potrà emettere titoli comuni sui mercati finanziari.
Gli Stati membri non dovranno erogare denaro, ma solo esprimere una garanzia rispetto al fatto che nel caso di necessità sostengano i titoli.
Il debito complessivo di 750 miliardi di Euro dovrà essere ripagato dall’Ue entro la fine del 2058, ma si inizierà a farlo ancora all’interno dell’attuale esercizio di bilancio settennale, ossia prima del 2028.
Ad oggi tuttavia non è ancora stato stabilito in che modalità l’Ue ripagherà il debito, due strade ipotizzate sono l’aumento dei contributi nazionali degli Stati membri oppure l’accesso a nuove fonti di reddito.
In ogni caso non deve essere sottovalutata la potenzialità innovativa del meccanismo di finanziamento adottato: la condivisione del debito fa sì che la Commissione diventi finalmente un attore decisivo nella politica finanziaria dell’Ue.
Ci sono le condizionalità oppure no?
A differenza di quanto chiesto dai Paesi “frugali”, non ci sarà un espresso diritto di veto da parte dei governi.
Al fine di accedere alle risorse previste i singoli Paesi membri dovranno presentare alla Commissione dei piani di riforma in cui espongono come verranno utilizzati gli aiuti, dovendosi orientare alle raccomandazioni ricevute. In seconda battuta, il Consiglio si esprimerà a maggioranza qualificata sui piani approvati dalla Commissione.
Più nel dettaglio, come spiegato nell’accordo raggiunto settimana scorsa, nella valutazione condotta dalla Commissione seguendo il criterio della coerenza con le raccomandazioni specifiche per paese, nonché del rafforzamento del potenziale di crescita, della creazione di posti di lavoro e della resilienza sociale ed economica dello Stato membro. Anche l’effettivo contributo alla transizione verde e digitale rappresenterà una condizione preliminare ai fini di una valutazione positiva.
Il compromesso raggiunto con i paesi favorevoli al diritto di veto è stato quello di dare la possibilità al Paese che dovesse ancora avere rilievi dopo l’approvazione finale, di chiedere che il presidente del Consiglio europeo rinvii la questione al successivo Consiglio europeo per una nuova analisi.
I prossimi passaggi del pacchetto Ue
Secondo l’accordo raggiunto, gli aiuti dovrebbero essere disponibili già all’inizio del 2021, ma il pacchetto Ue, comprensivo di bilancio pluriennale e Recovery Fund, deve ancora essere varato sia dal Parlamento europeo che dai parlamenti nazionali.
Il Recovery Fund e lo stato di diritto
Infine, una curiosità: in corso di trattative la Commissione aveva proposto un taglio degli aiuti previsti dal Recovery Fund in caso di violazioni dello stato di diritto. Si trattava di un provvedimento diretto principalmente all’Ungheria e alla Polonia, ma questa proposta è stata tolta dal tavolo, dato che il premier ungherese Viktor Orban aveva minacciato – con il sostengo di Polonia, Repubblica Ceca e Slovacchia – di bloccare l’intero pacchetto. Il testo finale contiene ancora un passaggio in cui viene citato lo stato di diritto, ma è rimasto molto vago.