Il Patto di “Buon’entrata” nelle locazioni immobiliari
Il Patto di “Buon’entrata” nelle locazioni immobiliari
Newsletter di aprile della Camera di Camera di Commercio Italo-Germanica (AHK Italien). In questo numero, Patrizio Cataldo ed Eva Knickenberg-Giardina approfondiscono il tema: Il Patto di “Buon’entrata” nelle locazioni immobiliari.
Nelle locazioni commerciali è frequente che il conduttore debba corrispondere una “buon’entrata”. Il beneficiario può essere il precedente conduttore oppure il locatore. Nel secondo caso la somma si aggiunge al canone del primo trimestre di locazione e al deposito cauzionale (di solito pari a tre mensilità di canone). Questo c.d. patto di buon’entrata è spesso oggetto di controversie giudiziali: infatti, secondo la giurisprudenza la legge 392/78 non consente al locatore di chiedere al conduttore (i.e. la parte debole del rapporto) il pagamento di somme diverse dal canone e dal deposito cauzionale in assenza di una giustificazione causale. In buona sostanza il patto di buon’entrata non è, di per sé, nullo: l’invalidità ha luogo se le somme sono pagate a fondo perduto e se non sono legate ad una controprestazione del locatore.
È pertanto fondamentale, nella redazione del contratto, identificare le attività svolte dal locatore che possano giustificare il versamento della buon’entrata da parte del conduttore: deve trattarsi di prestazioni effettive e dimostrabili, il cui valore sia proporzionale alla somma della buon’entrata. Nelle locazioni con canone annuo superiore a 250.000 euro, in cui si presume che le parti abbiano pari forza negoziale, è concessa una maggiore flessibilità a favore del locatore in relazione alla clausola di buon’entrata.