Muove da una vicenda giudiziaria oggetto di decisione del T.A.R. Lombardia prima e dal Consiglio di Stato poi una riflessione di particolare rilevanza concernente il rapporto tra il principio della tutela della concorrenza, elemento cardine nell’ambito della materia degli appalti pubblici e il principio del decoro urbano, di altrettanta importanza nel diritto urbanistico.

A fine agosto, il T.A.R. Lombardia sospendeva l’esecuzione dei lavori per il rifacimento di Piazza Castello, a Milano. La sospensione veniva disposta in seguito alla presentazione di un ricorso da parte di una delle imprese concorrenti, risultata non aggiudicataria, che lamentava l’illegittimità della propria esclusione dalla gara.

In particolare, da un lato, il Comune aveva escluso l’impresa in questione poiché coinvolta in una serie di inchieste giudiziarie ma, dall’altro, l’impresa stessa sosteneva di aver adottato adeguate misure di self cleaning, avendo estromesso l’amministratore delegato precedentemente in carica ed essendosi resa disponibile a risarcire i danni derivanti dalle condotte criminose. Tali azioni riparatorie, a detta dell’impresa ricorrente, le avrebbero consentito di partecipare alla gara.

Il ricorso presentato dall’impresa esclusa ha, in un primo momento, ottenuto dal T.A.R. Lombardia la sospensione in via cautelare dell’esecuzione dei lavori previsti dal contratto nel frattempo stipulato con l’impresa classificatasi prima in graduatoria e aggiudicataria della commessa pubblica.

Tale provvedimento di sospensione, però, è stato poco dopo riformato dal Consiglio di Stato, il quale, nell’ordinare la prosecuzione dei lavori, non si è limitato a valutare l’adeguatezza o meno delle misure di self cleaning adottate dall’impresa esclusa dalla gara: i giudici di Palazzo Spada, invero, hanno posto alla base della statuizione l’interesse alla continuazione dei lavori, considerata l’ubicazione del relativo cantiere in una zona centrale del passeggio cittadino.

In base alla propria decisione, il Consiglio di Stato ha operato un bilanciamento degli interessi e dei principi emersi in tale vicenda: all’esito di tale ponderazione, i giudici hanno ritenuto che la tutela del decoro urbano – che, nel caso concreto si traduce nella necessità di ripristinare, quanto prima, una delle principali piazze cittadine e zona ad ampio afflusso turistico – fosse prevalente rispetto alla tutela della concorrenza tra le imprese che partecipano alla gara.

Tale pronuncia suscita sicuramente più di un interrogativo in quanto, almeno fino ad ora, alla tutela della concorrenza è sempre stato riconosciuto un ruolo preponderante rispetto ad ulteriori e diversi principi vigenti in materia di contratti pubblici. I casi in cui tale principio si è visto soccombere, difatti, hanno riguardato perlopiù le disposizioni previste dall’art. 80 del Codice dei contratti pubblici, relative all’esclusione delle imprese concorrenti per precedenti condanne penali o per gravi illeciti professionali.

In questo caso, invece, si è assistito ad un differente metro di giudizio da parte dei giudici amministrativi e, quello che più sorprende, l’interesse ritenuto prevalente, quello alla tutela del decoro urbano, non appartiene prettamente al novero dei principi che regolano gli appalti pubblici, ma costituisce un principio sviluppato prevalentemente in ambito urbanistico ed edilizio.

Ad ogni modo, per sciogliere ogni dubbio riguardo le valutazioni effettuate dai giudici, bisognerà attendere lo svolgimento della camera di consiglio fissata dallo stesso Consiglio di Stato il prossimo 30 settembre. Solo all’esito di tale adunanza, si potranno conoscere a fondo le motivazioni che hanno indotto il Consiglio di Stato ad adottare una decisione destinata, senza dubbio, a costituire un interessante e innovativo precedente.