Chiusure dei centri commerciali nei week-end. Una irragionevole discriminazione?
Chiusure dei centri commerciali nei week-end. Una irragionevole discriminazione?
Tra i soggetti maggiormente penalizzati dai provvedimenti restrittivi adottati dalle autorità a livello regionale e nazionale nell’ambito della vendita al dettaglio rientrano senza alcun dubbio i centri commerciali e gli esercizi collocati al loro interno.
Alla luce della recrudescenza della pandemia, a partire dallo scorso ottobre, le autorità governative hanno infatti disposto, dapprima a livello regionale e, successivamente, nell’ambito dell’intero territorio nazionale, la chiusura nelle giornate festive e prefestive di tutti gli esercizi all’interno dei centri commerciali ad eccezione di pochissime attività essenziali (farmacie, parafarmacie, presidi sanitari, punti vendita di generi alimentari, di prodotti agricoli e florovivaistici, tabacchi, edicole e librerie).
Lo scopo di tali norme restrittive è dichiaratamente quello di evitare l’assembramento di cittadini all’interno di strutture di grandi dimensioni caratterizzate da una notevole affluenza specialmente nei mesi invernali e durante i fine settimana.
A seguito dei provvedimenti di chiusura, sia gli esercenti sia le proprietà dei centri commerciali hanno immediatamente lamentato una irragionevole e illogica penalizzazione delle proprie attività rispetto a quelle di altri esercizi (i così detti negozi “high street”) siti nelle principali vie dello shopping delle grandi città che, potendo rimanere aperti, provocherebbero assembramenti nelle strade non dissimili da quelli dei centri commerciali senza tuttavia poter garantire misure di sicurezza e di distanziamento invece presenti nei centri dove i negozi sono inseriti in un contesto unitario.
Alle contestazioni e alle lamentele delle associazioni di categoria, rimaste inascoltate, hanno fatto seguito una serie di ricorsi innanzi ai Tribunali Amministrativi finalizzati ad ottenere una sospensione dei menzionati provvedimenti restrittivi.
Di particolare interesse è il ricorso presentato dal CNCC – Consiglio Nazionale dei Centri Commerciali avverso l’Ordinanza n. 120/2020 della Regione Piemonte innanzi al TAR Piemonte, sul quale il giudice amministrativo si è pronunciato in fase cautelare.
Nel proprio provvedimento il Tribunale amministrativo ha ricostruito con precisione il quadro normativo, evidenziando come il D.L. n. 19/2020, convertito in legge, consente l’adozione di misure restrittive per il contenimento dell’epidemia Covid-19 sia a livello nazionale – mediante i DPCM – sia a livello regionale “nelle more dell’adozione” di un nuovo DPCM se giustificati da “situazioni sopravvenute di aggravamento del rischio” e mediante “misure ulteriormente restrittive” delle attività sociali e produttive esercitabili.
Il particolare il Tribunale amministrativo ha ritenuto sussistenti i presupposti di cui sopra, evidenziando come la Regione Piemonte, sulla base dell’indicatore Rt, riscontrasse una probabilità alta di progressione epidemiologica nel complesso idonea a giustificare l’adozione di misure di contenimento più rigorose.
Dunque, secondo un primo apprezzamento del TAR, l’interesse alla “tutela della salute pubblica”, in presenza degli indicati presupposti di legge, giustificherebbe “il sacrificio imposto ai ricorrenti (come del resto anche ad altri titolari di attività commerciali)” ponendosi nel rango dei diritti fondamentali ad un livello superiore a tutti gli altri.
L’aspetto più controverso riguarda l’irragionevolezza della misura sotto il profilo della distorsione della concorrenza rispetto agli altri negozi, allorché un provvedimento restrittivo venga adottato limitatamente agli esercizi siti nei centri commerciali.
Nel caso concreto, l’ordinanza della Regione Piemonte disponeva la chiusura di tutte le medie-grandi strutture di vendita, anche al di fuori dei centri commerciali. Su questa base il TAR ha evidenziato come “l’intervento regionale non determina un effetto distorsivo della libera concorrenza fra imprese che operano all’interno del medesimo segmento di mercato, dal momento che riguarda tutti gli esercizi commerciali con medesime caratteristiche”.
Che dire invece degli ulteriori provvedimenti adottati dal Governo a livello nazionale, da ultimo mediante il DPCM 14 gennaio 2021, che ha esteso sino al 5 marzo 2021 la chiusura nel weekend in tutta Italia dei soli negozi siti nei centri commerciali consentendo invece l’apertura dei negozi “high-street”?
In questo nuovo quadro la ragionevolezza e proporzionalità del provvedimento restrittivo, sotto il profilo della distorsione della concorrenza tra esercizi con le medesime caratteristiche, potrebbe vacillare?
Per il momento sembrerebbe di no. Secondo quanto si apprende dai commentatori, infatti, il Tar del Lazio ha rigettato in via cautelare il ricorso avanzato da Confesercenti avverso le chiusure obbligatorie nei weekend dei soli esercizi nei centri commerciali stabilito dal DPCM del 3 dicembre 2020.
Non resta che attendere le future determinazioni della giustizia amministrativa per poter rispondere in modo definitivo a questo scottante interrogativo.