Class Action: un grande futuro dietro le spalle?
Class Action: un grande futuro dietro le spalle?
Come noto, un errore nel calcolo dell’indice Rt ha determinato l’errato inserimento della Lombardia in Zona Rossa.
È ancora presto per comprendere in quale fase la procedura di calcolo si sia inceppata, considerato che la Regione Lombardia, il Governo e l’Istituto Superiore di Sanità. si sono reciprocamente attribuite la responsabilità dell’errore: allo stato, quindi, non possiamo che prendere a riferimento le dichiarazioni rese dai vari organi politici e le notizie riportate dalla stampa, nell’attesa che decorrano le tempistiche necessarie per l’accesso agli atti.
Indipendentemente da quanto sopra, c’è un aspetto che è risultato chiaro già nell’immediato: il predetto errore – a prescindere da chi sia il soggetto responsabile – ha causato un considerevole danno economico agli operatori commerciali.
Infatti, l’errato inserimento della Lombardia in Zona Rossa ha determinato una chiusura – in carenza dei presupposti – delle attività commerciali, che si sono quindi viste private della possibilità di svolgere la propria attività, per giunta in periodo di saldi, con un conseguente ed evidente danno economico.
Inevitabilmente, anche nelle maggiori testate giornalistiche, si è iniziato a parlare di azioni legali congiunte e, in particolare, di class action.
Tralasciando qualsivoglia ragionamento in merito alla sussistenza o meno dei presupposti necessari per la risarcibilità del danno patito dagli operatori commerciali, appare necessario concentrarsi sulla specifica azione da promuovere, che – ad avviso di chi scrive – non può essere una class action.
Occorre chiarire che ciò non significa che il danno non sia risarcibile o che non sia possibile procedere in alcun modo per ottenere un’adeguata tutela, ma che semplicemente la class action non è lo strumento opportuno.
Allo stato, la class action è un’azione disciplinata dal Codice del Consumo, tramite la quale determinati soggetti – come si preciserà di seguito – hanno la possibilità di promuovere (o di aderire a) un’azione congiunta per tutelare – tra le altre cose – dei diritti individuali omogenei: individuali in quanto appartengono ai singoli, ma con una connotazione omogenea, perché – nell’ambito di rapporti giuridici analoghi – più soggetti possono vantare una medesima posizione di interesse.
È comprensibile come tale tipologia di azione sia stata immediatamente accostata al caso di specie. Ciascun operatore commerciale danneggiato dall’errato inserimento della Lombardia in Zona Rossa assume di avere un autonomo diritto al risarcimento del danno, quindi un diritto individuale. A ben vedere, però, ogni operatore si trova nella medesima posizione giuridica di tutti gli altri operatori ed è a fronte di ciò che si ravvisa l’omogeneità dei diritti individuali delle parti coinvolte.
Appare evidente, in definitiva, come vi siano dei punti di contatto tra i diritti tutelabili tramite l’azione di classe e la situazione in commento.
Ciononostante, riteniamo che l’azione di classe non sia lo strumento più idoneo per la tutela del danno patito nel caso di specie, soprattutto per problemi di carenza di legittimazione.
Infatti, l’art. 140 bis del Codice del Consumo (l’articolo che disciplina l’azione di classe), nell’enucleare i soggetti contro i quali la class action può essere esperita, nomina esclusivamente le imprese, i produttori e gli enti gestori di servizi pubblici o di pubblica utilità: come possiamo vedere, all’appello mancano lo Stato e le Regioni.
Inoltre, anche dal punto di vista della legittimazione attiva sembrano ravvisarsi degli impedimenti, considerato che l’azione di classe è uno strumento concesso esclusivamente ai consumatori, agli utenti e ad enti esponenziali delle predette categorie. Ebbene, nella definizione di consumatore di cui all’art. 3 del Codice del Consumo non sembrano potersi far rientrare anche professionisti e imprenditori, con una conseguente carenza di legittimazione attiva.
Tale ultimo problema potrebbe essere risolto – quantomeno in astratto – dalla riforma della class action, contenuta nella L. n. 31 del 12 aprile 2019.
Tale provvedimento ha voluto innanzitutto ampliare l’ambito soggettivo di esperibilità dell’azione, come può evincersi dal trasferimento della disciplina dal Codice del Consumo al Codice di Procedura Civile. Stando alla nuova normativa, infatti, tra i legittimati attivi sarebbero ricompresi anche imprenditori e società, i quali – al ricorrere dei necessari presupposti – potrebbero agire con la “nuova” azione di classe.
Purtroppo, due elementi principali impediscono l’applicabilità anche di tale nuova normativa.
In primo luogo, sembrerebbe permanere la medesima carenza di legittimazione passiva evidenziata in relazione all’azione di classe consumeristica: anche in questo caso la class action può essere promossa esclusivamente nei confronti di imprese o di enti gestori di servizi pubblici o di pubblica utilità, e non dello Stato e/o delle Regioni.
Inoltre, la nuova disciplina non è ancora entrata in vigore: ciò doveva accadere ad aprile 2020, ma è stato disposto un rinvio dapprima a novembre 2020 e poi ulteriormente a maggio 2021.
Il legislatore ha inoltre disposto che tale normativa sarà applicabile esclusivamente a condotte poste in essere successivamente alla data di entrata in vigore. Considerato che nel caso di specie la condotta lesiva si è verificata ed esaurita in data antecedente rispetto al predetto termine, la fattispecie in commento non appare essere tutelabile neppure tramite la “nuova” azione di classe.
Per concludere, appare quindi che non sussistano i presupposti per richiedere il risarcimento del danno tramite azione di classe, né con quella consumeristica né con quella introdotta dalla sopra citata riforma.
Questo non toglie che sussistono comunque ulteriori modi per gli operatori commerciali di procedere congiuntamente per il risarcimento del danno, ma si tratterebbe a ben vedere non tanto di un’azione di classe in senso stretto, quanto piuttosto di un’azione ordinaria con una pluralità di attori.