La pandemia, prima, e i venti di guerra, ora, rendono di estrema attualità i concetti di forza maggiore e di factum principis e il loro impatto sulla sorte dei contratti in essere.

Il tema è ampio anche a volerlo declinare solamente nel real estate. Dovendosi limitare a pochi cenni, bisogna anzitutto precisare che non esiste nel nostro ordinamento giuridico alcuna definizione normativa di forza maggiore e di factum principis e che, dunque, il compito di delineare i due istituti è compito della giurisprudenza.

Le sentenze sulla forza maggiore, sia della Corte di Cassazione sia delle corti di merito, sono molteplici e individuano la forza maggiore nell’evento oggettivo, straordinario ed imprevedibile che rende impossibile l’adempimento della prestazione e influisce, quindi, sull’equilibrio contrattuale. Una pandemia è un evento di forza maggiore così come una guerra (pur in questo caso con un certo margine di interpretazione laddove si possa contestarne l’imprevedibilità).

Il factum principis è, a sua volta, definito dalle corti come il provvedimento legislativo o amministrativo dell’autorità che impedisce l’esecuzione della prestazione. Quindi, il provvedimento governativo che ordina la chiusura degli esercizi commerciali per contrastare il diffondersi di una pandemia è un esempio factum principis.

All’atto pratico, dunque, cosa succede a locazioni e affitti di ramo d’azienda se un evento di forza maggiore o un factum principis influisce sull’utilizzo dei locali per l’uso convenuto? La domanda è quella che i retailer e i professionisti del settore si sono posti sin dai primi giorni del lockdown nella primavera del ’20 e che è stata alla base di molte cause dei retailer avverso i “padroni di casa”. A distanza di 2 anni e all’esito di molti contenziosi si osserva che le corti di merito abbiano ritenuto il factum principis (nel caso specifico, i provvedimenti governativi di chiusura dei negozi durante il lockdown e i giorni di “zona rossa”) come evento atto ad influire sull’equilibrio dei contratti retail: se il retailer non può usare i locali per l’attività commerciale a causa di un ordine dell’autorità, ha diritto ad una riduzione del canone che tenga conto dello stop imposto, ma anche della circostanza che il retailer abbia continuato ad avere la detenzione dei locali occupandoli con arredi e merci. D’altro canto, le corti non hanno invece ritenuto che la pandemia di per sé giustificasse un intervento giudiziario di modifica del canone per i giorni di apertura soprattutto nel ’20 nonostante i scarsi afflussi di clienti a seguito delle misure di prevenzione.

Ci auguriamo che il conflitto russo-ucraino non degeneri su più ampia scala, ma sussistendone il rischio potrebbe aver senso già ora trattare espressamente le conseguenze di un non auspicato conflitto nei contratti in divenire. Ciò per una maggior chiarezza nei rapporti tra le parti anche alla luce dell’esperienza Covid.