Dal 15 novembre 2021 è disponibile per le imprese italiane un nuovo strumento per risolvere situazioni di squilibrio patrimoniale o crisi finanziaria che ancora non siano sfociate in insolvenza, ma la rendano probabile. Si tratta della “Composizione negoziata per la soluzione della crisi d’impresa”, introdotta con il Decreto Legge n. 118 del 24 agosto 2021, convertito con modificazioni con la Legge n. 147 del 21 ottobre 2021, che costituisce altresì attuazione della Direttiva UE 2019/1023 (la c.d. direttiva Insolvency).

Si tratta di una procedura che presenta molti profili di novità rispetto a quelle già esistenti nel nostro ordinamento, ed in particolare rispetto al concordato preventivo, che è di gran lunga la più utilizzata in Italia in situazioni di crisi. La composizione negoziata dovrebbe infatti garantire tempi più celeri, costi più ridotti e soprattutto – almeno in teoria – una maggiore riservatezza. La procedura è gestita quasi interamente dalle Camere di Commercio, attraverso la nomina di un esperto incaricato di esaminare la situazione insieme all’imprenditore e proporre ai creditori soluzioni negoziate; l’intervento del tribunale (e la conseguente pubblicità nel Registro delle Imprese) pur rivestendo un ruolo importante è solo eventuale, a seguito della richiesta di misure protettive da parte dell’imprenditore. Ancora, il mancato raggiungimento di un accordo non comporta segnalazioni alla Procura o altre forme di pubblicità, potendo però condurre ad un concordato semplificato.

La nomina dell’esperto

La composizione negoziata si apre attraverso la richiesta di nomina di un esperto da parte dell’impresa, attraverso una piattaforma nazionale gestita dalle Camere di Commercio (all’indirizzo https://composizionenegoziata.camcom.it). La piattaforma contiene molte informazioni rivolte alle imprese interessate, tra cui una checklist con indicazioni operative, tarata sulle esigenze delle piccole e medie imprese, ed un test pratico per la verifica delle possibilità di risanamento.   

Gli elenchi di esperti sono tenuti dalle Camere di Commercio e possono comprendere commercialisti, avvocati, consulenti del lavoro ma anche soggetti non iscritti ad albi professionali che documentino una particolare esperienza; tutti coloro che richiedono l’iscrizione agli elenchi devono avere completato un corso specifico di formazione.

La nomina dell’esperto è effettuata, entro pochi giorni dalla richiesta, da una commissione di tre persone: un soggetto designato dalla Camera di Commercio, un magistrato della sezione impresa del tribunale del capoluogo di regione competente per territorio e un soggetto designato dal prefetto del medesimo capoluogo. L’esperto nominato deve garantire requisiti di indipendenza ed essere terzo rispetto a tutte le parti interessate, e deve operare in modo riservato. Ciascun esperto non può assumere più di due incarichi contemporaneamente. Il compenso è abbastanza prevedibile, perché predeterminato dalla legge in percentuale sull’ammontare dell’attivo dell’impresa debitrice, con alcuni correttivi nei casi di maggiore complessità.  

Il funzionamento ed i tempi della procedura di composizione negoziata

Se l’esperto ritiene che vi siano prospettive di risanamento, elabora insieme all’imprenditore una strategia ed intavola trattative con le parti interessate (creditori, lavoratori, istituti di credito, detentori di quote sociali), con l’obiettivo di concludere un accordo che può assumere diverse forme: da un semplice contratto stragiudiziale con uno o più creditori, ad accordi più articolati (convenzione di moratoria, piani attestati di risanamento o accordi di ristrutturazione dei debiti).

Durante le trattative l’imprenditore non viene spossessato, ma può compiere senza limitazioni tutti gli atti di gestione, ordinaria e straordinaria, e può effettuare pagamenti; deve tuttavia informare preventivamente l’esperto degli atti di straordinaria amministrazione e dei pagamenti non coerenti con il progetto di risanamento. In ogni caso l’imprenditore deve evitare di arrecare pregiudizio alla sostenibilità economico-finanziaria dell’attività e risponde del proprio operato secondo le ordinarie regole di responsabilità.  

Per agevolare il risanamento è previsto che dall’accettazione dell’incarico dell’esperto e sino alla conclusione della procedura, sui debiti dell’imprenditore non si applichino gli interessi moratori, ma solo quelli legali.

Per garantire una soluzione celere sono pervisti limiti temporali abbastanza stretti: l’incarico dell’esperto può durare al massimo 180 giorni, prorogabili per altri 180 solo su richiesta di tutte le parti e con il consenso dell’esperto stesso.

Se decorso tale termine non è possibile trovare un accordo, la procedura si chiude e l’esperto redige una relazione finale, che viene caricata nella piattaforma e comunicata all’imprenditore.

L’intervento eventuale del Tribunale

In linea di principio, la procedura di composizione negoziata può svolgersi interamente senza l’intervento dell’organo giudiziario e senza particolare pubblicità. La riservatezza tuttavia è solo teorica.

L’imprenditore può infatti rivolgersi al tribunale per chiedere l’applicazione di misure protettive del patrimonio (in primis il divieto di azioni esecutive e cautelari) oppure per chiedere di essere autorizzato a contrarre finanziamenti prededucibili oppure a cedere l’azienda o uno dei suoi rami senza che l’acquirente risponda dei debiti pregressi. Può inoltre chiedere al tribunale di rideterminare equamente le condizioni dei contratti ad esecuzione continuata o periodica, qualora le prestazioni siano divenute eccessivamente onerose a causa della pandemia da Covid-19 e non sia stato raggiunto un accordo tra le parti in merito.

L’istanza per l’applicazione di misure protettive, come è ovvio, viene iscritta nel Registro delle Imprese, facendo così venire meno la riservatezza della procedura. E poiché molto spesso il divieto di azioni esecutive e cautelari è indispensabile per consentire la conduzione di trattative con i creditori, si può immaginare che solo in rari casi sarà effettivamente possibile evitare il coinvolgimento dei tribunali e la relativa pubblicità.

Il concordato semplificato

Qualora le trattative non abbiano esito positivo, l’imprenditore potrà naturalmente fare ricorso ad una delle altre procedure esistenti, quali il concordato preventivo (anche con riserva) o il piano attestato di risanamento.  

La nuova legge prevede tuttavia una ulteriore possibilità, particolarmente innovativa.

Qualora l’esperto nella propria relazione finali dichiari che le trattative, pur non avendo avuto esito positivo, si sono svolte con correttezza e buona fede, l’imprenditore può presentare al tribunale entro 60 giorni una proposta di concordato preventivo liquidatorio in forma semplificata, senza l’obbligo di soddisfazione minima del 20% dei creditori chirografari. Non è previsto il vaglio di ammissibilità, ma si apre immediatamente la fase di omologa, con la nomina di un ausiliario che deve formulare un parere. La proposta, il parere dell’ausiliario e la relazione dell’esperto vengono comunicati ai creditori, ma questi non sono chiamati al voto: sull’omologa decide infatti il tribunale, che oltre a verificare la regolarità del procedimento e la fattibilità del piano, deve accertare che la proposta non arrechi pregiudizio ai creditori rispetto all’alternativa della liquidazione fallimentare e che comunque assicuri una liquidità a ciascun creditore.

La valutazione delle proposte concordatarie semplificate sarà quindi interamente rimessa alla discrezionalità e alla competenza dei tribunali, senza consultare i creditori.

La composizione negoziata presenta profili interessanti nel panorama dell’ordinamento italiano, ma solo il tempo e la prassi applicativa diranno se effettivamente essa sarà all’altezza delle aspettative.