La mediazione obbligatoria per le cause correlate al Covid
La mediazione obbligatoria per le cause correlate al Covid
Nell’aprile 2020 è stato introdotto un nuovo caso di mediazione obbligatoria: nelle controversie in materia di obbligazioni contrattuali, nelle quali il rispetto delle misure di contenimento dell’epidemia da Covid 19 possa comportare l’esclusione, ai sensi e per gli effetti degli articoli 1218 e 1223 del codice civile, della responsabilità del debitore, anche relativamente all’applicazione di eventuali decadenze o penali connesse a ritardati o omessi adempimenti[1], il preventivo esperimento del procedimento di mediazione costituisce condizione di procedibilità della domanda[2] .
La novità legislativa, seppur sia decorso ormai un anno dalla sua entrata in vigore, è passata quasi sotto silenzio, nonostante introduca nell’ordinamento due rilevanti principi.
Il primo attiene agli inadempienti o ritardati adempimenti correlati all’applicazione della normativa Covid: non è dovuto al creditore alcun risarcimento per l’inadempimento o ritardato adempimento del debitore se ciò è derivato dall’applicazione da parte del debitore della normativa Covid.
Se, dunque, il debitore non si è reso adempiente o ha ritardato il proprio inadempimento – per esempio – in quanto non è stato possibile raggiungere un certo luogo a causa delle misure restrittive, egli od esso non sarà tenuto a risarcire al creditore il danno per il ritardo o per l’inadempimento.
Il secondo principio espresso dalla normativa in esame è quello per il quale è obbligatoria la mediazione quando la materia oggetto di contesa è relativa a inadempimenti o ritardati adempimenti verificatisi (o connessi) durante il periodo emergenziale.
La ratio della norma appare evidente: porre le parti in condizione di ricercare ed eventualmente individuare e concordare nuovi assetti contrattuali in applicazione del principio di buona fede.
In base all’articolo 1374 c.c., infatti, “Il contratto obbliga le parti non solo a quanto è nel medesimo espresso, ma anche a tutte le conseguenze che ne derivano secondo la legge, o, in mancanza, secondo gli usi e l’equità”.
I contratti, dunque, devono ritenersi tutti integrati dalle disposizioni di legge – anche introdotte successivamente alla stipula – e dai principi cardine del nostro ordinamento, tra cui quello sancito dall’art. 1375 c.c., che recita “il contratto deve essere eseguito secondo buona fede”[3].
Cosa vuol dire eseguire un contratto secondo buna fede nel contesto del periodo pandemico?
Applicare il principio di buona fede nell’esecuzione del contratto vuol dire garantire il mantenimento del giusto equilibrio degli opposti interessi, anche intervenendo nel regolamento contrattuale, quando questo risulta squilibrato, integrandolo e anche modificandolo per ricondurlo ad equità.
La mediazione obbligatoria, dunque, è la modalità con la quale il legislatore obbliga le parti a rivalutare quei contratti, quegli adempimenti o inadempimenti o ritardi alla luce della situazione concreta e del periodo emergenziale.
In sostanza, l’incontro tra le parti in sede di mediazione è teso a permettere alle parti non solo di comprendere le ragioni dell’altra, ma anche di eventualmente a trovare un nuovo assetto contrattuale che riporti in equilibrio le contrapposte obbligazioni: in buona fede.
La giurisprudenza ha chiarito che il tentativo di mediazione non può essere meramente formale, ma deve essere effettivo. Certamente le parti non sono obbligate a trovare un accordo in sede di mediazione: in tal caso la materia sarà devoluta ad un giudice. Ciò non toglie, però, che l’aspetto negoziale insito nella procedura di mediazione è stato ritenuto di tale rilevanza che la mancata instaurazione della procedura di mediazione e di un serio approccio delle parti ad essa rende improcedibile la domanda giudiziale.
[1] Cfr. art. 3 comma 6 bis del DL 23/02/2020, n. 6; vedi anche l’art. 91, comma 1, D.L. 17 marzo 2020, n. 18, convertito, con modificazioni, dalla L. 24 aprile 2020, n. 27.
[2] Cfr. art. 3 comma 6 ter del DL 23/02/2020, n. 6, aggiunto dal D.L. 30 aprile 2020, n. 28, convertito, con modificazioni, dalla L. 25 giugno 2020, n. 70. Si vedano anche l’art. 91, comma 1, D.L. 17 marzo 2020, n. 18, convertito, con modificazioni, dalla L. 24 aprile 2020, n. 27 e il DLT 04/03/2010, n. 28.
[3] Cfr. Cass. n. 28987 del 12 novembre 2018; Cass. n. 8619 del 12 aprile 2006; Cass. n. 20106/2009 del 18 settembre 2009;
Cass. n. 3462 del 21 novembre 2007.