La riforma del processo civile
Il processo civile è stato oggetto di varie modifiche, invero poco organiche, nel corso degli ultimi decenni. E tuttavia è noto che, ciononostante, i processi continuano ad avere una durata eccessiva, con la conseguenza che l’Italia ha subito varie condanne ed è stata più volte sollecitata dal Consiglio Europeo e dalla Commissione Europea nelle Raccomandazioni annuali.
La riforma del processo civile è proprio uno degli obiettivi concordati con l’Unione europea per accedere alle risorse del Piano nazionale di ripresa e resilienza (PNRR). In questa newsletter si è già trattato degli aspetti finanziari, in particolare dello stanziamento previsto dal Piano Straordinario della Giustizia, nonché dell’iter legislativo e degli obiettivi perseguiti dal PNRR.
In sintesi, l’obiettivo perseguito è il miglioramento del sistema giustizia, che dovrà fornire risposte più celeri alle esigenze quotidiane dei cittadini e rendere maggiormente efficiente il mercato, favorendo in tal modo anche l’attrazione degli investimenti stranieri. È, infatti, evidente che le lungaggini e le complessità (a volte ingiustificate) insite nel sistema processuale si scontrano con la necessità di rapidità e certezza, che gli investitori stranieri richiedono per intraprendere attività nel nostro Paese.
Il 26 novembre 2021 il Parlamento ha approvato la legge n. 206, recante la “Delega al Governo per l’efficienza del processo civile e per la revisione della disciplina degli strumenti di risoluzione alternativa delle controversie e misure urgenti di razionalizzazione dei procedimenti in materia di diritti delle persone e delle famiglie nonché in materia di esecuzione forzata”. La legge fissa in un anno dalla sua entrata in vigore il termine per l’esercizio della delega.
La ministra della Giustizia, Marta Cartabia, ha firmato il 14 gennaio 2022 il decreto di costituzione dei Gruppi di lavoro – formati da professori, avvocati e magistrati – che provvederanno alla elaborazione degli schemi di decreto legislativo per l’attuazione della suddetta legge.
Gli obiettivi dovranno essere: la maggiore concentrazione possibile delle attività tipiche della fase preparatoria e introduttiva del giudizio, la soppressione delle udienze superflue e la riduzione delle decisioni collegiali e, infine, la ridefinizione della fase decisoria di tutti i gradi di giudizio. Insomma, bisognerà adottare le necessarie misure per conseguire il rispetto del termine di ragionevole durata del processo.
Vediamo in particolare alcune delle proposte.
La legge interviene, anzitutto, su mediazione e negoziazione assistita – istituti di risoluzione delle controversie, alternativi al giudice, c.d. ADR – con la finalità di favorirli, aumentando gli incentivi fiscali, estendendo a tali istituti l’applicabilità del gratuito patrocinio, favorendone la partecipazione delle parti, anche con modalità telematiche e per delega ed incentivando anche la mediazione demandata dal giudice, istituto invero poco applicato nella prassi.
La negoziazione assistita viene prevista anche per le controversie in materia di lavoro e il relativo accordo sarà da considerare in regime protetto.
In ambito familiare (separazioni consensuali, divorzi, modifica delle relative condizioni) l’accordo potrà contenere anche trasferimenti immobiliari con effetti obbligatori.
È prevista la c.d. “attività di istruzione stragiudiziale”: le prove raccolte nel corso di tale attività saranno utilizzabili nell’eventuale successivo giudizio civile, salva la facoltà del giudice di disporne la rinnovazione. Si tratta di un incentivo ulteriore nella scelta della ADR.
Anche l’arbitrato viene valorizzato, in particolare disciplinando l’esecutività del lodo straniero e consentendo agli arbitri di adottare misure cautelari.
Inoltre, la riforma Cartabia incide profondamente sul diritto di famiglia, perché tende a ridurre la frammentazione delle competenze giurisdizionali. Fino ad oggi, tre giudici si occupano fondamentalmente della stessa materia: il giudice ordinario, il giudice minorile e il giudice tutelare. È ora prevista l’istituzione del Tribunale per la famiglia e per le persone.
La riforma cambia poi i connotati del processo di separazione e divorzio e tende a creare un unico rito, più agile, applicabile a tutti i procedimenti relativi allo stato delle persone, ai minorenni e alle famiglie. Nei procedimenti di separazione consensuale e di divorzio congiunto, le parti potranno formulare rinuncia alla partecipazione all’udienza, confermando la volontà di non riconciliarsi, eliminando così un’udienza superflua.
Per quanto riguarda le disposizioni generali del Codice di procedura civile, sono previsti principi e criteri direttivi volti a:
- modificare e potenziare la disciplina relativa all’Ufficio per il processo, con la sua istituzione anche presso la Corte di Cassazione e la Procura Generale e mediante l’assunzione di personale negli uffici con compiti comprendenti, tra l’altro, le attività preparatorie e di supporto ai magistrati per l’esercizio della funzione giurisdizionale, allo scopo di incrementare la capacità produttiva dell’ufficio;
- rivedere la disciplina del processo dinanzi al tribunale assicurandone la semplicità, l’effettività della tutela e la ragionevole durata, attraverso modifiche riguardanti tutte le fasi processuali; ampliando la possibilità per il giudice di formulare una proposta conciliativa; estendendo a tutte le controversie di agevole soluzione il campo di applicazione di una procedura più snella rispetto al processo ordinario (c.d. procedimento sommario di cognizione); prevedendo la possibilità che il tribunale si pronunci nel corso del giudizio di primo grado con ordinanza provvisoria in materia di diritti disponibili, quando la domanda dell’attore o le ragioni del convenuto risultino manifestamente infondate;
- unificare il rito per l’impugnazione dei licenziamenti e prevedere la trattazione in via prioritaria delle cause di licenziamento, in cui è proposta domanda di reintegrazione del lavoratore nel posto di lavoro.
Quanto mai opportuna è la disposizione che, con riferimento alle controversie in materia di attuazione di sentenze e provvedimenti stranieri mira a conformare la legislazione nazionale alla normativa europea, regolando i rapporti in alcune materie di ambito civilistico del diritto internazionale privato.
In linea generale le udienze a trattazione scritta e le udienze da remoto, introdotte nel periodo della pandemia da covid-19, diverranno strutturali e non saranno più solo modalità eccezionali.
Anche i procedimenti di appello e di cassazione saranno riformati per consentirne la razionalizzazione e una più rapida definizione.
Interessante è l’introduzione di una nuova ipotesi di revocazione della sentenza civile, quando il contenuto di una sentenza passata in giudicato sia successivamente dichiarato dalla Corte europea dei diritti dell’uomo contrario, in tutto o in parte, alla Convenzione ovvero a uno dei suoi Protocolli.
Anche il processo esecutivo verrà riformato con previsioni che ne alleggeriscano l’iter e offrano maggiore tutela per il creditore, quale ad esempio l’accelerazione nella procedura di liberazione dell’immobile quando è occupato sine titulo o da soggetti diversi dal debitore.
Verranno introdotte specifiche regole riguardanti la vendita privata nel procedimento di espropriazione immobiliare, prevedendosi che il debitore possa essere autorizzato dal giudice dell’esecuzione a vendere direttamente il bene pignorato, per un prezzo non inferiore al suo valore di mercato.
È poi prevista la stabilizzazione delle misure emergenziali, che consente al giudice di determinare autonomamente se celebrare l’udienza in modalità da remoto o tramite note scritte e, allo stesso tempo, alla parte di presentare una richiesta vincolante di trattazione orale.
Pur confidando nel lavoro del team preposto, non si può non notare che resta pur sempre necessario intervenire implementando la magistratura togata, dato che le riforme del rito non sono la soluzione perché la giustizia possa effettivamente rispondere alle esigenze dei cittadini o degli stranieri che ne abbiano interesse.