Regione Lombardia vs Istituto Superiore di Sanità: ecco i fatti sulla diatriba della “settimana in più” di zona rossa
Regione Lombardia vs Istituto Superiore di Sanità: ecco i fatti sulla diatriba della “settimana in più” di zona rossa
È ormai noto a molti che, durante la settimana dal 17 al 23 gennaio 2021, la Regione Lombardia sia stata sottoposta alle limitazioni fortemente restrittive previste per le c.d. zone rosse. A differenza, però, di quanto accaduto in precedenza, questa volta l’inserimento della Lombardia tra le zone maggiormente a rischio è stata accompagnata da una lunga scia di polemiche dovute all’aggiornamento (o forse, più correttamente, alla rettifica), operato da Regione Lombardia, dei dati clinici precedentemente trasmessi. Dal momento che, in base ai dati rettificati, in tale settimana la Lombardia avrebbe dovuto essere classificata come Zona Arancione, con la conseguente possibilità di apertura al pubblico per gli esercizi commerciali, in molti hanno cercato di ricostruire lo svolgimento dei fatti al fine di individuare il “responsabile” del danno subito dagli operatori del settore retail.
Al fine di comprendere la vicenda, occorre anzitutto tener presente che ogni settimana, le regioni trasmettono all’Istituto Superiore di Sanità (I.S.S.) un documento contenente le informazioni relative ai pazienti positivi, ai guariti, ai decessi e ai ricoverati in terapia intensiva. Laddove venga rilevato un caso clinico, viene compilata la relativa sezione del documento “stato clinico”, nella quale viene indicato il grado di severità dei sintomi e, quando possibile, anche la data della loro insorgenza. Lo “stato clinico” e la “data di inizio sintomi” costituiscono le due variabili su cui si basa il calcolo dell’indice Rt, in base al quale si assegna alle regioni una determinata fascia di rischio. Per mesi, Regione Lombardia, dopo aver comunicato all’I.S.S. l’avvenuto contagio di un soggetto, non ne ha poi indicato lo stato clinico, con la conseguenza che molti di coloro che erano stati individuati come positivi sintomatici – e che avevano determinato un incremento dell’indice Rt – continuavano ad essere annoverati tali anche dopo la loro guarigione o il loro decesso. Ciò comportava, dunque, che l’indice Rt della Regione Lombardia risultasse di gran lunga più elevato rispetto a tutte le altre regioni, con la conseguente applicazione delle misure più restrittive.
Secondo quanto riferito dall’I.S.S., numerose sono state le segnalazioni rivolte ai tecnici di Regione Lombardia al fine di evidenziare la presenza di un’anomalia nella trasmissione dei dati. Il 19 gennaio 2021, nel corso di una riunione tecnica richiesta dalla Regione, l’I.S.S. ha evidenziato l’ipotesi che la mancata compilazione della voce relativa allo stato clinico potesse essere alla base della distorsione dell’indice Rt regionale. Sulla base di ciò, il 20 gennaio 2021, Regione Lombardia, nel trasmettere i dati clinici relativi alla settimana 11-17 gennaio 2021, ha apportato anche una rettifica ai dati precedentemente inoltrati all’Istituto, richiedendo “che venisse eseguito un nuovo calcolo dell’indice RT recependo le modifiche definite a livello tecnico relative al conteggio dei pazienti guariti e deceduti”. L’inserimento di un enorme numero di soggetti guariti o deceduti ha alterato significativamente l’indice Rt, che nel giro di una sola settimana si è addirittura dimezzato, passando da 1,4 a 0,88. Oltre a determinare il passaggio dalla Zona Rossa alla Zona Arancione per le settimane successive, tale rettifica ha anche messo in luce come, nella settimana dal 4 al 10 gennaio, la situazione clinica della Regione Lombardia ne avrebbe consentito la classificazione come Zona Arancione, con tutte le conseguenze ormai note circa la riapertura delle attività commerciali.
Versione completamente opposta, invece, quella sostenuta da Regione Lombardia, il cui Presidente Attilio Fontana ha più volte dichiarato che la Regione avesse inoltrato alle autorità preposte i dati corretti e che il problema fosse da individuare nell’algoritmo utilizzato per calcolare l’indice Rt. In particolare, secondo il Presidente “I dati richiesti alla Lombardia sono sempre stati forniti con puntualità e secondo i parametri standard. Semmai qualcuno a Roma dovrebbe chiedersi come mai Regione Lombardia abbia dovuto segnalare il “mal funzionamento” dell’algoritmo che determina l’Rt dell’I.S.S.”. Sulla stessa linea, si è posto Marco Trivelli, direttore generale Welfare di Regione Lombardia, secondo cui l’indicazione dello “stato clinico” di un soggetto costituisce un dato “facoltativo”, motivo per cui i tecnici ne hanno omesso la compilazione. Non si è fatta attendere neanche la reazione del neoassessore alla Sanità della Regione, Letizia Moratti, la quale ha negato che i dati fossero sbagliati, sostenendo invece che la compilazione del campo “stato clinico” anche in riferimento ai dati pregressi non costituisse una “richiesta di rettifica, ma un necessario aggiornamento di un “campo del tracciato”, tracciato che quotidianamente viene inviato all’Istituto Superiore di Sanità”.
Dalla ricostruzione effettuata, sembra difficile, se non impossibile, comprendere chi abbia commesso l’errore da cui scaturisce l’inesatta classificazione: se Regione Lombardia, nella trasmissione dei propri dati, o l’I.S.S., nell’elaborazione dell’algoritmo per il calcolo dell’indice Rt. Un unico dato è certo: nella settimana intercorrente tra il 17 e il 23 gennaio, alla Lombardia sono state illegittimamente applicate misure più restrittive, se non addirittura nel periodo precedente. Pertanto, la possibilità di addebitare all’uno o all’altro soggetto l’erronea assegnazione della fascia di rischio, lungi dall’essere un’operazione fine a sé stessa, consentirebbe di accertare il responsabile dei danni economici arrecati agli imprenditori del settore retail, affinché questi ultimi possano da esso ottenere il dovuto risarcimento.
Al momento siamo solo all’inizio della vicenda ma, considerando che la posta in gioco è costituita dalla responsabilità nei confronti degli operatori economici sottoposti ad ingiuste limitazioni, si prevede una “battaglia legale” senza esclusione di colpi.