Rigenerazione Urbana: al vaglio del Senato la proposta di legge nazionale
Rigenerazione Urbana: al vaglio del Senato la proposta di legge nazionale
Il tema della rigenerazione urbana, già affrontato da varie Regioni italiane, è da tempo all’attenzione anche del Legislatore nazionale che tuttavia non ha ancora adottato norme che affrontino il tema in maniera strutturale. Ne sono prova i vari Disegni di Legge nel tempo susseguitisi e mai approvati e che ora sono confluiti in un unico DDL (n. 1131, 985, 970, 1032, 1943 e 1981, recante “Misure per la rigenerazione urbana”) all’esame della Commissione Ambiente del Senato.
Il DDL prevede che la “rigenerazione urbana” – definita come il complesso sistematico di trasformazioni urbanistiche ed edilizie in ambiti urbani caratterizzati da degrado urbanistico, edilizio, ambientale e socio-economico, che non determinino consumo di nuovo suolo – avvenga mediante il coinvolgimento di tutti i livelli istituzionali, ossia lo Stato, le Regioni e degli Enti Locali, ognuno con proprie funzioni e poteri, ed altresì con la partecipazione dei privati interessati.
Viene istituita una cabina di regia (della quale fanno parte anche i rappresentanti delle Regioni e dei Comuni) presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri, tra i cui compiti è previsto quello di adottare un “Programma nazionale per la rigenerazione urbana”, quale allegato al Documento di Economia e Finanza (DEF), recante alcuni elementi essenziali per l’attuazione della legge, tra i quali la descrizione degli interventi di adeguamento della normativa regionale, l’elenco degli interventi di rigenerazione urbana programmati e quelli in via di realizzazione, il quadro delle risorse finanziarie.
Sempre a livello nazionale, il DDL prevede l’istituzione di un “Fondo nazionale per la rigenerazione urbana” con una dotazione annuale pari a 500 milioni di euro a decorrere dall’anno 2021 e fino al 2040, destinato a finanziare, tra l’altro, le spese relative agli studi di fattibilità urbanistica ed economico-finanziaria degli interventi di rigenerazione, le spese per la ristrutturazione del patrimonio immobiliare pubblico; parte delle risorse del fondo verranno destinate alle Regioni che costituiscono il secondo livello di attuazione del sistema coordinato previsto dal DDL.
Infatti, alle Regioni sono attribuiti vari compiti, tra i quali la determinazione di criteri per l’individuazione degli ambiti urbani assoggettabili ad interventi di rigenerazione e la promozione di programmi di rigenerazione nelle aree di edilizia residenziale pubblica. Sempre le Regioni dovranno adottare i “bandi regionali per la rigenerazione urbana”, finalizzati ad assegnare le risorse del fondo agli Enti Locali, soggetti attuatori degli interventi di rigenerazione.
Nel modello previsto dal DDL, i Comuni, singoli o associati, al fine di usufruire delle risorse del fondo per l’attivazione di interventi di rigenerazione sul territorio comunale, devono elaborare un “Piano comunale di rigenerazione urbana”. Il piano definisce l’insieme organico degli interventi da realizzarsi e finalizzati alla messa in sicurezza, manutenzione e rigenerazione del patrimonio edilizio pubblico e privato esistente, alla realizzazione di insediamenti multifunzionali in grado di offrire contemporaneamente servizi pubblici e privati utili alla collettività e propedeutici all’integrazione sociale, all’arresto del consumo del suolo e alla permeabilità dei suoli, al bilancio energetico, alla valorizzazione degli spazi pubblici, delle aree verdi e dei servizi di quartiere. L’iter di formazione del Piano comunale prevede la partecipazione di tutti i soggetti pubblici e privati interessati, che possono presentare motivate e documentate proposte di intervento che saranno vagliate dal Consiglio comune in sede di definitiva approvazione del Piano.
La redazione ed approvazione del Piano consente ai Comuni di accedere alle risorse del fondo nazionale, previa valutazione da parte delle Regioni sulla base dei criteri previsti dai rispettivi bandi. Per l’attuazione degli interventi di rigenerazione, stabilisce il DDL, saranno utilizzati gli strumenti previsti dalla L. 1150/1942 (Legge Urbanistica) dal D.p.r. 380/2001 (T.U. Edilizia) e dal D.lgs. 50/2016 (Codice dei contratti pubblici), precisando che l’approvazione degli interventi di rigenerazione urbana comporta la dichiarazione di pubblica utilità ai sensi del T.U. delle espropriazioni (D.p.r. 327/2001).
IL DDL reca ulteriori misure finalizzate alla realizzazione degli interventi di rigenerazione, quali la previsione di deroghe alle destinazioni d’uso per gli immobili ricompresi negli ambiti individuati dai Piani comunali di rigenerazione, incentivi volumetrici, deroghe ai parametri urbanistici ed edilizi, fatti salvi gli immobili ricadenti nell’ambito del centro storico. Anche dal punto di vista fiscale il DDL prevede misure dirette ad incentivare gli interventi di rigenerazione urbana come, per esempio, l’esenzione ai fini IMU e TARI degli edifici soggetti agli interventi rigenerativi sino alla loro conclusione, la possibilità per i Comuni di stabilire riduzione dei canoni e tributi per l’occupazione del suolo pubblico, detrazioni ai fini IRPEF per i soggetti che acquistano immobili residenziali realizzati a seguito di interventi di rigenerazione urbana. Sono inoltre previste misure dirette, invece, a disincentivare la permanenza di immobili in disuso, come, per esempio, la possibilità per i Comuni di elevare l’aliquota IMU relativa ad immobili inutilizzati o incompiuti da più di cinque anni, allo stesso modo le Regioni per quanto riguarda l’addizionale IRPEF.
Il DDL reca misure di sicuro interesse che, se approvate, necessiteranno di essere coordinate con le varie normative regionali già intervenute da tempo sull’argomento e che, per certi aspetti, recano previsioni diverse a quelle individuate dal DDL, coordinamento normativo che, non a caso, è stato individuato come uno dei compiti principali della cabina di regia per la rigenerazione urbana.