La riduzione del canone di locazione durante il periodo di lockdown: il punto di vista (iniziale?) della giurisprudenza
La seconda ondata di Covid-19 sta ormai coinvolgendo l’intero territorio nazionale, attirando l’interesse dei media e di tutti i cittadini interessati, a macchia di leopardo, dalle misure restrittive assunte dal Governo nelle Regioni gialle, arancioni e rosse.
E’ noto che i tempi del diritto sono più lenti di quelli della realtà: per questa ragione i nostri Tribunali stanno pubblicando in queste settimane le prime decisioni, di natura cautelare, relative al mancato pagamento dei canoni di locazione durante i mesi di marzo, aprile e maggio, quando l’Italia è stata interessata dalla prima ondata del Coronavirus.
Alcuni locatori, infatti, hanno intrapreso azioni legali nei confronti dei conduttori morosi, chiedendo lo sfratto per morosità e, in alcuni casi, anche il sequestro dei beni dei debitori che non hanno corrisposto il canone e gli oneri accessori durante i mesi primaverili.
Risultano di particolare interesse due pronunce emesse dai Tribunali di Milano e Venezia, situati nelle aree più colpite dall’epidemia dopo la scoperta del “paziente 1”.
La prima decisione è un’ordinanza della sezione XIII del Tribunale meneghino del 15 settembre 2020: essa trae origine da un ricorso per sequestro conservativo proposto da un locatore nei confronti di un conduttore che non ha inviato alcun riscontro ai solleciti di pagamento del canone, né ha corrisposto le somme dovute in virtù del contratto di locazione dal febbraio 2020 in poi, limitandosi a consegnare un assegno bancario che è risultato privo di coperture alla data di presentazione all’incasso da parte del proprietario dell’unità locata.
La decisione presenta un’importante analisi giuridica della res controversa, che rappresenta un caso simile, purtroppo, a molti altri: il Tribunale, infatti, dà atto che dal 9 marzo al 18 maggio 2020 il conduttore non ha potuto esercitare l’attività di bar e tavola calda all’interno dell’immobile locato, essendo pertanto impossibilitato ad utilizzare l’unità secondo la destinazione prevista nel contratto di locazione.
Questa situazione, non imputabile al locatore, ha determinato secondo la Corte una “alterazione del sinallagma”, vale a dire una sproporzione tra il canone dovuto dal conduttore al locatore e la possibilità del conduttore di utilizzare l’immobile secondo l’uso concordato, che rappresenta una delle ragioni sottese alla conclusione del contratto (dal punto di vista giuridico, rappresenta una delle prestazioni del locatore, il quale è obbligato a tenere l’immobile durante la locazione “in istato da servire all’uso convenuto”, secondo l’articolo 1575 del codice civile).
Secondo il giudice, tale caso è qualificabile come un’impossibilità sopravvenuta, parziale e temporanea, della prestazione del locatore: l’impossibilità è sopravvenuta perché ha avuto luogo dopo la firma del contratto, temporanea perché è durata dal 9 marzo al 18 maggio e parziale perché l’altra prestazione a beneficio del conduttore, vale a dire il godimento del bene locato, non è stata interessata dalla pandemia (infatti il conduttore ha continuato a mantenere i beni aziendali e la merce nei locali, che sono restati nella sua disponibilità).
Il Tribunale ha preso atto che è assente una disposizione specifica nella sezione del codice civile dedicata al contratto di locazione per disciplinare tale circostanze, regolate nella parte generale dei contratti all’articolo 1464 c.c.
Il Tribunale fa altresì riferimento, per giustificare la decisione assunta, alla regola codicistica che consente al conduttore di ottenere una riduzione del canone qualora, nel corso della locazione, abbiano luogo lavori di ristrutturazione che diminuiscano la possibilità di godere dell’immobile locato, in proporzione all’effettiva diminuzione del godimento.
In conclusione il giudice ha disposto, in via cautelare, una riduzione del canone per il periodo compreso tra il 9 marzo e il 18 maggio 2020, in misura pari al 60% di quanto contrattualmente previsto, ordinando quindi al conduttore di pagare il 40% del totale. In aggiunta, il Tribunale ha concesso il sequestro di parte dei fondi disponibili sul conto corrente del conduttore in ragione della condotta poco collaborativa del debitore e del grave pregiudizio nel ritardo, dato che l’assegno consegnato era scoperto e nessuna replica è stata inviata ai solleciti del conduttore.
La decisione veneta, risalente al 30 settembre 2020, riguarda, invece, il mancato pagamento da parte di un conduttore di un contratto di rent to buy relativo a 19 unità immobiliari, che si è protratto dal dicembre 2019 a maggio 2020: in tal caso solo una parte dei debiti era relativa alla componente “rent”.
Il giudice dà atto che la città di Venezia, alla fine del 2019, è stata interessata da un anomalo innalzamento delle acque che ha avuto un impatto significativo nel settore ricettivo al quale sono destinati gli immobili in causa, e ciò (poco) prima della chiusura delle attività nel periodo di lockdown da marzo a maggio 2020.
Il conduttore aveva altresì pagato parte del canone successivamente alla notifica dell’atto di citazione, fornendo prova dell’adempimento (parziale) prima dell’udienza fissata dal giudice. Alla luce di tale evoluzione, il Tribunale, riconosciuta la condotta poco collaborativa del locatore, che non ha tenuto conto delle difficoltà legate al periodo emergenziale, nonché della disciplina del codice civile secondo la quale, in presenza di impossibilità parziale della prestazione, il debitore ha diritto ad una riduzione del canone, ha rigettato la domanda di sfratto, invitando le parti a ricorrere ad un organismo di mediazione al fine di raggiungere un eventuale accordo bonario, fissando l’udienza di discussione del merito nella primavera 2021.
Tali recenti decisioni consentono di individuare l’inizio di un filo conduttore (si perdoni il gioco di parole) intrapreso dalla giurisprudenza, il quale, si precisa, è suscettibile di seguire un percorso diverso nei prossimi mesi, ma molto verosimilmente si consoliderà nella direzione assunta: la chiusura o comunque la limitazione dell’attività di impresa negli immobili locati a causa del lockdown non consente al conduttore di esimersi totalmente dal pagamento del canone, e ciò in ragione del fatto che i locali erano comunque a sua disposizione durante tale periodo. Dall’altro lato, il locatore è tenuto a prendere atto che parte della prestazione contrattuale (l’utilizzo dell’immobile secondo la destinazione economica convenuta) non è stata adempiuta da parte sua: certamente la colpa di tale situazione non è imputabile al locatore, ma in base ai principi di esecuzione del contratto secondo buona fede e in virtù delle regole in materia di impossibilità parziale sopravvenuta, la concessione di uno sconto sul canone rappresenta l’azione più saggia, non solo dal punto di vista commerciale, ma anche sotto il profilo giuridico.
Qual è l’ammontare dello sconto da concedere? Domanda da un milione di dollari, rispetto alla quale non si è ancora in presenza di una giurisprudenza consolidata che consenta di identificare un intervallo ragionevolmente attendibile. Le indicazioni giurisprudenziali sotto questo profilo arriveranno a metà dell’anno prossimo, probabilmente dopo la somministrazione del vaccino anti Covid-19 a buona parte della popolazione.