Mal comune mezzo gaudio: i conduttori non sono soli nella crisi economica causata dal coronavirus
Mal comune mezzo gaudio: i conduttori non sono soli nella crisi economica causata dal coronavirus
Il drastico calo dei visitatori, in particolare stranieri, e il protrarsi dello smart working determinano – è sotto gli occhi di tutti – una forte riduzione dei consumi soprattutto nelle grandi città: i centri storici ad esempio di Milano, Roma, Venezia e Firenze, abituati a ingenti flussi di visitatori e impiegati, sono pressoché deserti anche ora a quasi cinque mesi dalla fine del lockdown.
La paura di una nuova ondata di contagi e le incertezze economiche sul futuro non incentivano di certo né i viaggi né gli acquisti e a farne le spese sono soprattutto negozianti, ristoratori e albergatori: molte sono le saracinesche che si sono abbassate con il lockdown e che non si sono più rialzate.
Che una pandemia di tali dimensioni sia un fenomeno nuovo e inaspettato è evidente e che ciò sia una sfida per il nostro ordinamento giuridico lo è altrettanto.
Gli operatori che conducono in locazione i locali nei quali esercitano la propria attività non possono e non devono portare sulle proprie spalle tutto il peso delle conseguenze economiche negative del Covid-19. Questo principio emerge in maniera limpida e inequivocabile nell’ordinanza del Tribunale di Roma del 27 agosto 2020 che ha accolto la richiesta di un ristoratore di bloccare l’escussione della garanzia prestata a garanzia delle obbligazioni assunte con la locazione.
La pronuncia del Tribunale di Roma è molto più interessante di altre che pur hanno dato ragione (in tutto o in parte) ai conduttori sui canoni durante il lockdown, perché si spinge oltre facendo leva su un principio giuridico che non è espresso inequivocabilmente in una norma di legge e che, finora, è stato oggetto di discussioni meramente teoriche in dottrina.
Il Tribunale di Roma evidenzia come l’obbligo di eseguire i contratti in buona fede implichi anche l’obbligo di rinegoziare termini e condizioni, quando siano mutati i presupposti che costituiscono il “sostrato fattuale e giuridico” alla base del contratto. Ovvero: se la situazione è cambiata rispetto a quella vigente al momento della sottoscrizione del contratto, le parti hanno l’obbligo di rinegoziare condizioni e termini perché, altrimenti, il bilanciamento delle rispettive prestazioni risulta inesorabilmente alterato. Ciò prescinde dalla sussistenza di una pattuizione nel contratto che obblighi le parti espressamente alla rinegoziazione (all’interno normalmente di una cosiddetta clausola di hardship) e vincola le parti a tal punto che, in caso di rifiuto di una di esse di procedere con il predetto adeguamento, vi provvede il giudice. E tale è stato l’intervento del Tribunale di Roma che su tale presupposto ha ordinato la riduzione del canone del periodo del lockdown nella misura del 40% e nella misura del 20% per il periodo da giugno 2020 a marzo 2021.
Una rondine non fa primavera, penseranno i locatori, ma le argomentazioni del Tribunale di Roma sono così ben motivate che sicuramente verranno utilizzate in altri procedimenti. E chissà? Forse i medesimi ragionamenti giuridici potranno essere utilizzati, mutatis mutandis, nei loro rapporti con le banche dai locatori sinora restii a rinegoziare i canoni di locazione sull’assunto di non poter altrimenti far fronte agli obblighi con i propri finanziatori.