Tribunale Unificato dei Brevetti: Milano in stand-by
Tribunale Unificato dei Brevetti: Milano in stand-by
L’Accordo sul Tribunale Unificato dei Brevetti firmato a Bruxelles il 19 febbraio 2013, unitamente al Regolamento (UE) n. 1257/2012, relativo all’attuazione di una cooperazione rafforzata nel settore dell’istituzione di una tutela brevettuale unitaria ed il Regolamento (UE) n. 1260/2012, relativo all’attuazione di una cooperazione rafforzata nel settore dell’istituzione di una tutela brevettuale unitaria con riferimento al regime di traduzione applicabile, costituiscono il cosiddetto pacchetto del “brevetto europeo con effetto unitario”.
L’idea è sorta oltre 40 anni fa, ed il pacchetto ha finalmente delineato la disciplina per arrivare al risultato sognato. Tuttavia, la strada per l’effettiva entrata in vigore della disciplina pare non essere ancora giunta a destinazione: l’entrata in vigore è infatti condizionata alla ratifica da parte di almeno 13 Stati aderenti – attualmente sono 16 – tra i quali però i Paesi che nel 2012 avevano il più alto numero di brevetti: Germania, Regno Unito e Francia.
La portata del nuovo istituto è, senza dubbio, notevole: il varo di un sistema brevettuale europeo uniforme mira infatti ad ottimizzare la tutela brevettuale su tutto il territorio europeo. Il brevetto europeo con effetto unitario sarà concesso dall’Ufficio Europeo Brevetti (EPO) e avrà lo stesso effetto negli Stati membri che hanno partecipato alla c.d. cooperazione rafforzata o che vi aderiranno in seguito.
Il nuovo istituto, peraltro, non sostituirà gli attuali regimi ma li affiancherà: continueranno infatti ad esistere sia i singoli brevetti nazionali che il brevetto europeo come lo abbiamo conosciuto sino ad oggi, senza effetto unitario, vigente ai sensi della Convenzione di Monaco sul Brevetto Europeo del 1973.
Come è noto, l’attuale sistema prevede che il titolare richieda la convalida del brevetto in ogni Stato membro per ottenere la protezione, nel rispetto delle disposizioni nazionali vigenti (e depositi la relativa traduzione) e pertanto, a differenza del Brevetto Europeo con effetto unitario, non si giunge ad avere un unico titolo valido su tutto il territorio Europeo ma, come si suol dire, un fascio di brevetti nazionali che convivono parallelamente. Per quanto concerne gli aspetti non disciplinati dalla Convenzione di Monaco, i singoli Stati designati applicano la propria normativa nazionale equiparando il brevetto europeo a quello nazionale ed è prevista la competenza dei Tribunali nazionali per ogni azione di nullità o di contraffazione avente ad oggetto il brevetto europeo.
Il brevetto europeo con effetto unitario, viceversa, una volta concesso, avrà efficacia in tutti i Paesi aderenti, senza bisogno di convalidazione nei singoli Stati e potrà essere limitato, trasferito, revocato, o estinguersi unicamente in relazione a tutti gli Stati aderenti. La domanda di brevetto unitaria andrà depositata presso l’Ufficio Europeo dei Brevetti (EPO) con sede a Monaco di Baviera, in una delle tre lingue ufficiali (inglese, francese o tedesco). Inoltre, rispetto ai precedenti sistemi, il brevetto unificato è decisamente più̀ economico in quanto i costi deriveranno da un un’unica domanda con effetto unitario e la diffusione delle informazioni relative ai brevetti in tutte le lingue dell’Unione avverrà tramite un servizio gratuito ed automatico di traduzione online.
L’Accordo non è entrato ancora in vigore poiché manca ancora la ratifica da parte della Germania (la Corte Costituzionale tedesca ha infatti dichiarato l’incostituzionalità della legge di ratifica ed il nuovo disegno di legge deve essere ancora approvato).
Come accennato, il sistema è completato dal Tribunale Unificato dei Brevetti (TUB), organismo internazionale che giudicherà le controversie relative al brevetto unitario, scongiurando la possibilità che una stessa causa in materia di brevetti venga trattata da più giudici di differenti Stati membri con provvedimenti potenzialmente contraddittori.
L’Accordo prevede che il TUB sarà costituito da una divisione centrale con sede a Parigi e due sezioni a Monaco e Londra, ciascuna con le proprie competenze. Vi saranno inoltre una o più divisioni locali in ogni Stato membro contraente che ne faccia richiesta, per un massimo di quattro divisioni locali. La Corte d’Appello avrà sede in Lussemburgo.
Le suddette sedi centrali erano state scelte in base al numero di brevetti depositati nel 2012. In particolare, a Parigi è stato assegnato il settore relativo alle tecniche industriali, ai trasporti, ai tessili, alle costruzioni fisiche ed all’elettricità; Monaco è stata deputata alla meccanica, al riscaldamento, all’illuminazione, alle armi ed agli esplosivi; Londra avrebbe giudicato le controversie nel campo delle scienze umane, del chimico e farmaceutico.
A seguito della Brexit e alla coerente scelta del Regno Unito di non ratificare l’Accordo sui brevetti, si è posto il problema dell’ubicazione della terza divisione della sede centrale.
In base all’Accordo, come detto, l’individuazione delle sedi era basata sul numero di brevetti europei validati. E, nel 2012, l’Italia era proprio il quarto Paese.
In Italia, di conseguenza, la scelta naturale non può che ricadere su Milano.
Nel capoluogo meneghino vengono infatti registrati il maggior numero di brevetti italiani (il 24%). A ciò si aggiunga che in Lombardia vengono registrati il 32 % dei brevetti italiani.
Le Corti milanesi trattano il 70 % delle cause brevettuali italiane e, grazie all’esperienza maturata, il livello di specializzazione degli operatori coinvolti è molto elevato.
L’Italia ha già ottenuto una divisione locale (sempre a Milano) ma l’assegnazione all’ombra della Madonnina anche della sede della Corte Centrale non solo garantirebbe all’Italia intera una posizione di prestigio, ma porterebbe innumerevoli vantaggi per le imprese italiane e per l’indotto che genera: basti pensare che la Lombardia ospita il polo economico con maggiore industrializzazione del Paese, tra l’altro soprattutto nei settori chimico-farmaceutico, lasciati scoperti dall’uscita di scena di Londra.
Seppur grazie alla spinta dei vari players del settore, fortunatamente il Governo non si è lasciato scappare l’opportunità ed il 10 settembre scorso ha formalmente presentato al Comitato preparatorio – l’organismo composto da tutti gli Stati firmatari e incaricato di curare l’entrata in funzione del TUB – la candidatura di Milano per la sede centrale vacante.
La scelta peraltro non era scontata: in lizza per la candidatura vi era anche Torino che alla fine è stata indicata come sede principale per l’Istituto italiano per l’intelligenza artificiale (I3A). Se Milano si aggiudicasse la sede della divisione centrale del TUB, come annunciato dal Governo si consoliderebbe “l’asse nord-ovest del Paese”, rendendo “ancor più forti Milano e Torino e, con esse, l’Italia”.
Ad oggi il Comitato, preso atto della volontà degli Stadi firmatari di assicurare l’entrata in vigore del TUB appena verranno completate le ratifiche, ha approvato una ridistribuzione provvisoria delle competenze della sede di Londra tra Parigi e Monaco, a condizione che si tratti di una soluzione temporanea e che l’Italia possa avviare con gli altri Stati la procedura di modifica dell’accordo al fine di assegnare a Milano la terza sede.